giovedì 27 giugno 2013

La santità a portata di mano

Vorrei condividere con voi la bellezza respirata giovedì 13 giugno al Santuario del Divino Amore, dove si è celebrata una messa nel giorno del primo anniversario della morte di Chiara Corbella.  Il funerale di un anno fa mi toccò nell'intimo, perché sentire presente l'amore di Dio nel profondo del proprio essere ed attorno a te, in un momento così doloroso, è qualcosa che va oltre le logiche umane. Sentire che le proprie lacrime non sono provocate dalla tristezza ma dal desiderio grande di seguire il Signore, è una consolazione enorme. Quando la morte è un salto verso la vita eterna e verso un Padre buono, allora già  sembra anche a te di mettere un piede in Paradiso!
E anche la celebrazione di quest'anno è venuta a confermare quanto vissuto allora.
Sì, la santità è a portata di mano!
Alla fine della messa, Enrico (marito di Chiara), Fra' Vito (il frate che li ha seguiti sin dal fidanzamento) e altri amici e parenti di Chiara ci hanno regalato le loro esperienze.
Una cosa che mi ha colpito in modo particolare è il fatto che Chiara riteneva che il periodo più brutto della sua vita non fosse stata quello della sua malattia e neanche quello della morte dei suoi figli, ma il periodo in cui - prima del matrimonio - non capiva quale fosse la volontà di Dio nella sua vita. La crisi con Enrico, i litigi, il non sapere se tagliare completamente con lui o se invece chiamarlo. Questo l'aveva fatta soffrire più dei dolori successivi, ai nostri occhi ben più grandi. Con la conferma avuta nel matrimonio che la sua vita era con Enrico, Chiara aveva risolto il problema maggiore. Se sei nella volontà di Dio, tutto è possibile, tutto si può fare, i passi che il Signore ti chiede di fare sono su un terreno solido e non scivoloso, sono passi fatti nella certezza che ti porteranno a Lui. Così la santità per Chiara non è stata un metà raggiunta grazie a doti eccezionali che precluderebbero questa possibilità a tutti noi. No, la santità è qualcosa che Chiara ha raggiunto attraverso quelli che lei chiamava "piccoli passi possibili" (lo aveva imparato dai frati francescani).

giovedì 13 giugno 2013

Alla bellezza di un figlio non c’é progetto che resiste

Dedico questo post alla mia mogliettina...Non me ne vogliano gli altri autori di questo blog ;-)
E' una lettera di una mamma ad un altra mamma tratta da un altro bellissimo blog: 5pani 2pesci (in fondo i riferimenti precisi)

Mamme scandalo 2013


Cara Francesca,
é ormai notte, ma sono molti giorni che vorrei scriverti e non trovo mai un attimo. Siamo tornati dalle vacanze lunedì. Siamo stati benissimo. Pensa, siamo riusciti a giocare a ping pong sulla spiaggia e, addirittura, a farci un super aperitivo nonostante le tre pesti a carico. Comunque al mare c’eravamo solo noi e i tedeschi, ormai ci siamo tedeschizzati, come dici sempre tu ;-)
Ti ho pensata un sacco. Qui da noi a Friburgo é normale avere tre figli, ma mi rendo conto che a Roma siete un eccezione. In quei pochi giorni al mare mi hanno fermato per strada diverse volte commentando il numero dei figli: “Ma non mi dica che sono tutti suoi?…e ma adesso basta però perché per tirarli su non é facile!”. Addirittura al summercato (come dice Maria) hanno commentato e non ti dico la panettiera che stava per svenire sulla focaccia genovese quando oltre al passeggino con Samuelino, si avvicinano Chiara e Maria che con voce alta dicevano: “Mamma! mamma! compriamo pure la pizza! E il pesto!”. Capisco che per te a Roma non dev’essere da meno con una monella a destra, un monellino a sinistra e uno nella pancia.
Ho passato molti anni a sentirmi meno, quasi umiliata dalle battute e dagli sguardi della gente; quasi fossi in torto di qualcosa per aver scelto la gioia prima di tutto.

lunedì 10 giugno 2013

Mr. Mammo

Riportiamo un interessante articolo di Jenet Erickson dal titolo The myth of "Mr. Mom" sull'importanza dei diversi ruoli di una mamma e di un papà.


Il mito di Mr. Mammo

[...] Qualche anno fa due ricercatori hanno sostenuto in una pubblicazione  sulle scienze familiari che "il sesso dei genitori conta solo in modi che non contano» e che anche se può essere utile disporre di due “figure genitoriali”, i loro generi e la relazione con il bambino non importano più di tanto. Sembrerebbe che i padri – come le madri – siano “usa e getta” in riferimento allo sviluppo dei loro stessi figli.
Non a caso gli argomenti a favore della “genitorialità asessuata” sono spesso basate su una visione particolare di ciò che definisce l’uguaglianza di uomini e donne.
A partire da questa definizione, ciascuno dei due può fare tutto ciò che fa l’altro, e anche altrettanto bene, se ne ha l’opportunità. Quindi, padri e madri sono intercambiabili e l’uno o l’altro genere non sono di per sè necessari, ma reciprocamente sostituibili.

E’ facile vedere perchè queste affermazioni sembrino credibili. Tutti conosciamo madri che sono capofamiglia e padri che svolgono il ruolo tradizionale femminile di fornire cure ai piccoli a tempo pieno. E molte ricerche mostrano che i padri hanno sia il desiderio che la capacità di fornire protezione, nutrimento, affetto e sensibilità ai loro figli.

Ma padre e madre sono realmente la stessa cosa?

mercoledì 5 giugno 2013

A che serve la bellezza?



Ogni mattina passo davanti a questo cassonetto. Un ordinario cassonetto del prenestino, nulla di speciale, magari un po' più trasandato e sporco dei suoi colleghi di via Cherso. Il mio fastidio nel passare di fronte al malcapitato e incolpevole contenitore è crescente nel tempo e ha subito un'impennata dopo la nascita dei figli. Perché questo fastidio e, soprattutto, perché da quando ci i pargoli è peggiorato? Un giorno, mentre cercavo risposte a queste domande, mi è tornata in mente il discorso, che per me è stato folgorante, con cui Peppino Impastato ne I cento passi commentava lo scempio di Punta Raisi:



Educare alla bellezza, ci ho pensato tanto guardando quel benedetto cassonetto, che è oggettivamente brutto, e per questo mi urta il sistema nervoso. Si potrebbe obiettare che parlare di bellezza non è proprio una cosa così fondamentale: facciamo tanti discorsi sulla concretezza e invece questo sembra un concetto superfluo, filosofico, buono più per questioni accademiche che per affrontare i problemi di in un quartiere di periferia come il mio.