martedì 29 aprile 2014

"Voglio la mamma"


Ieri sera ho finito di leggere "Voglio la mamma" di Mario Adinolfi.
E' un libro che  invita tutti a discutere ed approfondire il tema dei diritti non negoziabli . Sono pagine  che non lasciano indifferenti. In alcuni passaggi può far innervosire, ma l'intento, a mio avviso, è chiaramente provocatorio per cui ti costringe a riflettere su argomenti ormai erroneamente banalizzati.

Di seguito riporto i 20 punti del Capitolo 14 (che condivido pienamente) che Adinolfi introduce così:

Giunti verso la fine di questa strada compiuta insieme, credo sia necessario racchiudere quel che si è provato a dire in venti punti che rappresentano principi irrinunciabili che ritengo non solo non debbano essere negoziabili, ma necessitino un'attività di proselitismo per ricondurre il dibattito intellettuale e politico sui temi tabù che abbiamo affrontato dentro i confini di una razionalità condivisa, lontano dall'impazzimento modaiolo che sembra avere la meglio in questa fase.

1. Non esiste l'individuo, esiste la persona, dunque l'individuo in relazione con altri individui. La relazione primigenia, archetipica e intangibile, è quella tra madre e figlio. Negarla è negare la radice dell'essere umano.

2. La libertà individuale è un totem che non necessita di tutele e non genera diritti. Al contrario, la libertà personale, dunque la libertà degli individui in relazione con gli altri, è preziosa e va ampliata senza che nuovi diritti ledano però l'essere umano in radice.

3. La libertà personale da tutelare in via prioritaria è quella dei soggetti più deboli: bambini, malati, anziani.

4. Il primo diritto è il diritto a vivere.

5. Non esiste un diritto all'aborto, esiste un diritto alla nascita. L'aborto è sempre una tragedia e un fallimento, come tale va trattato e con ogni sforzo possibile evitato.

lunedì 7 aprile 2014

Generazione Telemaco

(ribloggato da La Porzione)
l gruppo marmoreo “Enea, Anchise e Ascanio”, conservato nella Galleria Borghese a Roma, fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1619. Il soggetto è tratto dall’Eneide di Virgilio: Enea fugge da Troia in fiamme, portando sulle spalle il vecchio padre Anchise e tenendo per mano il figlioletto Ascanio. Si tratta di una statua “a torre”, con un evidente slancio verticale: nella parte più alta Anchise porta in mano il cosiddetto“keramos troikos”, con le ossa degli avi e con sopra le statuette dei Penati troiani (il simbolo della Patria abbandonata); al centro si trova Enea – il futuro fondatore di una nuova civiltà – che sorregge il padre; più in basso, al piccolo Julo Ascanio, chiamato a
questafondare la gens julia e a regnare nel Lazio, è posto in mano il più importante “pignus imperii”, il fuoco eterno di Vesta con il quale accenderà la nuova vita di Roma. A parte il pregio artistico, è affascinante la portata simbolica di questo gruppo marmoreo. È un’immagine compiuta e potente del grande “pater familias”, una figura simbolica della funzione dell’autorità genitoriale: la catena delle generazioni attraverso cui di padre in figlio si tramanda sempre un “regno”, un’eredità di geni e di beni, capace di generare dal passato il futuro. Nell’opera di Bernini, la catena delle generazioni mi sembra rappresentata da due elementi: a) la differenziazione generazionale, resa mirabilmente dalla caratterizzazione delle epidermidi: la pelle morbida e rosata del bambino, quella tesa che riveste i muscoli dell’uomo adulto, e quella avvizzita e rugosa del vegliardo; b) la diversità degli atti educativi: Anchise è il depositario della tradizione; Enea è il medium che sostiene la tradizione e accompagna il futuro; Ascanio è l’erede che si affida al presente e al passato, ma stringendo già un impegno di futuro tra le mani.
Gli psicoanalisti, e non solo loro, sarebbero concordi nel sentenziare che questo modello “a torre” dell’autorità genitoriale sia ormai eclissato, irrimediabilmente tramontato.