giovedì 18 aprile 2013

La saggezza dei Simpson


 Se dovessi identificare la mia "paura professionale" di padre direi che è quella di non dare delle regole, di risultare un amicone incapace di "dare spina dorsale" ai miei pargoli, termine un po' retrò ma efficace. Sarà che mi hanno fatto una testa così con questa assenza dei padri nella società moderna, sarà per il mio carattere notoriamente poco incline all'autorità, insomma io mi rivedo molto in Marge e Homer Simpson nella puntata in cui decidono di punire Bart per l'ennesima marachella impedendogli di vedere l'attesissimo film di "Grattachecca e Fighetto". La motivazione di questo divieto sarà: se gliela faremo passare liscia Bart prenderà una brutta strada e finirà a fare lo spogliarellista in un locale di bassa lega (con eloquenti scenette di un Bart cresciuto in mutande con tanto di maniglie dell'amore). Viceversa, se teniamo duro gli daremo struttura e diventerà giudice della Corte Suprema. La puntata finirà appunto con un Bart cresciuto e togato che, accompagnato da un Homer visibilmente invecchiato in una Springfield futuristica, va finalmente al cinema a vedere il film, dato che  è rimasto l'unico in tutta la città a non averlo ancora visto. Carissimi e gialli coniugi di Springfield, capisco la vostra preoccupazione: anch'io quando devo mettere un NO a mio figlio mi ripeto che, in caso contrario, ne farò un tiranno senza senso del limite. Però ho sempre paura di farmi prendere la mano.
In fondo abbiamo cominciato questo blog proprio su questo punto: va bene l'urgenza di "urlare al mondo" la necessità del padre presente ed autorevole, ma attenti a non diventare più realisti del re e ammiccare a modelli autoritari. In altre parole: è tutto qua il ruolo del padre, un gendarme, un faraone auroritario e implacabile? Ho sempre intuito in questo invocare l'autoritarismo come panacea di tutti i mali educativi del nostro tempo una semplificazione indebita con il grande rischio di buttare il bambino con l'acqua sporca. Facile a parole, ma come fare una sintesi? Cosa ti permette di restare in una giusta tensione tra il micione e il gendarme, tra il lassivo e l'autoritario?
Domenica mattina, al secondo meraviglioso ritiro del percorso per coppie di Betania (cui in futuro dedicheremo l'attenzione che merita in altra sede),  mi è stata data una chiave di lettura che illumina questa tensione. Al solito, il punto di riferimento è il Padre, di cui tutti noi cerchiamo di diventare sia immagine che apripista con i nostri figli. Prendiamo i 10 comandamenti, non il percorso del Don Fabio nazionale ma proprio il passo del Vecchio Testamento in cui Dio dona le regole al popolo di Israele. Non è la prima volta che si manifesta. E' già abbastanza di casa sia con Mosé che con il popolo, e  infatti Esodo 20 comincia con:

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù [...]

Non si presenta all'improvviso da sconosciuto e dice: "Ciao Mosé sono Dio, beccati queste due agili tavole, pochi punti ma buoni, come ti muovi ti fulmino". Di acqua ne è passata sotto i ponti, e proprio di acqua parliamo visto che il popolo ha ancora vivido il ricordo di come è stato liberato e condotto fuori dalla terra d'Egitto con tanto di effetti speciali, mar Rosso che si separa e quant'altro. Dio può dare le regole (che in realtà saranno parole di salvezza per il popolo, non norme tout court) perché ha già dimostrato l'amore per il suo popolo prediletto, il rapporto è già stato stretto.


Allo stesso modo sarò tanto più autorevole come padre quanto più questo rapporto è già avviato, i miei figli accetteranno la regola  e i NO se avranno già sperimentato amore e tenerezza.
A proposito di tenerezza dice Isaia:

Dove sono [...] il fremito della tua tenerezza e la tua misericordia? Non forzarti all'insensibilità, perché tu sei nostro Padre (Is, 15-16)
 
 Prendiamo ad esempio l'immenso Il ritorno del figliol prodigo di Rembrandt (si può pensare un blog sulla paternità e non citare questo quadro, probabilmente il più importante sull'argomento?). Tutto questo è espresso dalle mani del padre, che sono diverse tra di loro: una è forte, energica, protegge e rassicura, l'altra è quasi femminile, tenera. Le due cose coesistono nel padre che non è né un Faraone altezzoso né un amicone, è il padre misericordioso. Prendo questo quadro solo per questo esempio perché non mi sento assolutamente in grado di centrare un post su questa immensa opera d'arte, in futuro troveremo un commento degno in materia.
Questo passaggio è stato per me fondamentale nella quotidiana fatica del cercare l'equilibrio tra queste due mani e, in fondo, per dare dignità e un ruolo alla mano più tenera, che spesso viene messa in ombra dall'urgenza sociale di ritrovare la sua sorella a rischio di estinzione.
   

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