venerdì 1 marzo 2013

Spaziale o Terrestre?



Ieri, mentre tornavo a casa un po' frastornato dalle ultime notizie da Strasburgo e dalla crescente offensiva sui temi eticamente sensibili, mi è venuto in mente quella che secondo me è una delle più belle saghe di Fantascienza, il Ciclo dei Robot di Isaac Asimov.
Nel futuro immaginato dal geniale Isaac l'umanità è divisa in due società: da un lato gli Spaziali, colonizzatori di 23 pianeti a ridosso della Terra, e dall'altra i Terrestri, rimasti fedeli al nostro affollato pianeta di origine. Le due società sono nettamente differenti. Gli spaziali sono pochi, culturalmente ed economicamente avanzatissimi, pianificano di tutto punto vite lunghissime e libere dalla malattia grazie al massiccio utilizzo dell'eugenetica, dipendono fortemente dall'uso dei robot, vere e proprie "balie" elettroniche grazie ai quali si sono affrancati da tutti i lavori pratici. Socialmente parlando rappresentano una società "liquida", per dirla alla Zygmut Baumann: i legami interpersonali sono molto volubili e tendono a rarefarsi, al limite a scomparire (su alcuni pianeti è già così).

D'altro canto i terrestri sono tanti, hanno vite corte e normalmente cagionevoli, si oppongono all'uso dei robot per paura di essere da essi soppiantati, sopperiscono ad un crescente problema di sovrappopolazione ottimizzando il più possibile risorse e spazi in una società frenetica e molto collettiva. Socialmente sono più "tradizionali" e il modello famiglia è ancora saldamente in auge. E soprattutto sono più poveri e guardati dall'alto in basso dagli spaziali, che potrebbero spazzarli via senza grossi problemi grazie al loro strapotere economico-tecnologico.
Ora qui viene il bello. L'umanità è in una fase di stallo: c'è un'intera Galassia da colonizzare e si deve decidere quale sarà, tra le due, la società più adatta per partire alla volta di questa nuova frontiera. Nessuno scommetterebbe una lira contro i magnifici e potentissimi spaziali.... ma nonostante la loro schiacciante superiorità questi non  muovono un dito: imbozzolati nella loro "mondanità soddisfatta", fatta di raffinatissimi piaceri e infinite discussioni accademiche, disabituati al lavoro e a ogni forma di fatica, non ci pensano proprio a partire per scomode e incerte avventure in mondi probabilmente ostili. Al massimo vorrebbero mandare avanti i robot e far fare a loro il lavoro sporco, ma anche su questo fronte nessuno prende l'iniziativa, perché alla fine tutta questa esigenza non la sentono. Progressivamente si stanno disumanizzando, chiusi come in una prigione dorata nelle loro lunghissime e asettiche esistenze, avviati verso un lento ma irreversibile declino.
Paradossalmente le vicende portano a prendere coscienza del fatto che "il pianeta dell'Alba" sarà proprio la Terra, in cui gli "uomini dalla vita corta" e incerta avranno molti più stimoli e risorse umane per partire rispetto ai loro alti e anodini cugini. Prima di tutto lo faranno per assicurare ai loro figli un futuro migliore, il protagonista Elijah Baley lo ripete spesso e la rinascita della Terra parte proprio da lì, insegnando alle nuove generazioni a non temere il Sole e a passare più tempo in superficie (negli ultimi tempi, per ottimizzare le risorse, vivevano in gigantesche città sotto terra ).
In questo periodo mi sento molto terrestre, ostinatamente attaccato a discorsi "arcaici" quali famiglia,  matrimonio, antropologia cristiana, superato da ogni direzione da "spaziali" moderni e progressisti che li considerano se va bene superati, altrimenti proprio negativi. Anche geograficamente mi sembra di stare alla periferia del mondo, relegato nell'arretrata Europa del sud mentre i civilizzati paesi del Nord e dell'Est si candidano ad essere la guida culturale e politica del mondo. Ma le cose stanno veramente così? E' proprio inevitabile e certo che l'unica direzione di progresso umano coincida con l'adozione fedele dei dogmi del Relativismo, in una sorta di riedizione del "vietato vietare" di sessantottina memoria? E' proprio vero che questo coinciderà con una società più felice?
Lo so, ormai mi sembro la vecchietta che sta in chiesa a sgranare il rosario (santa e sottovalutata donna, nda), ma c'è una sola cosa che mi mette tranquillità: Cristo è Signore della Storia. Ho usato Asimov solo come metafora (e va presa per quello che è senza troppe forzature) per ricordarmi che Chi ha in mano le redini della storia è dotato di una notevole fantasia e di un'insana passione per i piccoli e gli umili. Per questo, mi aspetto che la risposta alle mie domande non sia così scontata... e qualcosa già si comincia a intravedere all'orizzonte.

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